Cosa può fare di più l’Italia?
Di Lodovico Mazzero
La stampa straniera di oggi (venerdì 25 gennaio 2008) non ha
risparmiato le sue critiche sarcastiche contro la situazione politica, e non
solo, del Belpaese. Gli italiani probabilmente si sentono ora in sintonia con
questi impietosi giudizi, ma viene da obiettare: “da che pulpito” arrivano
certi commenti? Da quegli stessi giornali grazie al cui silenzio, o al complice
subdolo incitamento, sono iniziate le disastrose guerre in Afghanistan e Iraq,
o sotto la cui omertà continua il genocidio in terra di Palestina? Non maestri,
ma avvoltoi affamati delle sfortune altrui.
Certo in questo momento dovrebbe essere spontaneo rimanere tristemente
allibiti per la situazione italiana, ma le telecamere e le news continuano a
rimandarci le scene di giubilo di molti per la caduta del governo Prodi. Istruttivo
che ad esaltarsi fossero soprattutto i rappresentanti più a destra delle forze di
opposizione, i discendenti dell’antica nobiltà (non certo del proletariato) che
ricoprono tuttora importanti scranni di potere e benessere. Cosa vorranno di
più gli eredi di quella nobiltà che ha plaudito senza riserve il rientro in
Italia dei monarchi cacciati con la guerra?
Inutile esporsi in vaticini per un futuro che spesso ci offre risposte
molto in là nel tempo.
Ma una piccola considerazione storica potrebbe sicuramente esserci
d’aiuto per comprendere la “triste” situazione italiana. Uno Stato che vive
dilaniato dall’indecisione, dalla mancanza di autorevolezza dei suoi
governanti. Politici e ministri che non contano un gran ché (neanche con
l’esercito a disposizione, come dimostrano gli attentati di mafia, i disordini
negli stadi, e la crisi ecologica campana). Forse che in Italia a comandare non
sono più i governanti eletti dal popolo ma qualche altra importante “entità”?
Penso che sia fuor di dubbio che il potere lo esercita chi ce l’ha, e
qui nella penisola questa forza è ben salda, almeno dal secondo dopoguerra,
nelle mani degli Stati Uniti e dell’onnipresente Vaticano. Due Stati che controllano
quello italiano dove i governanti devono quindi fare almeno “due telefonate” in
più dei colleghi di altri nazioni prima di prendere una qualche decisione. Gli
Stati Uniti usano la loro forza (e presenza) militare (oltre che economica) per
vincolare le scelte dei governi italiani. Ma anche il Vaticano lavora almeno su
due importanti livelli: 1) adopera la sua rete persuasiva per sorvegliare
pensieri e costumi, manipolando quindi la pubblica opinione che può usare
contro i governi non succubi alla sua volontà, 2) gestisce i più importanti
istituti di credito finanziario, in modo da raccogliere e indirizzare a proprio
piacimento le risorse del paese.
Quale politico è il più adatto a governare in Italia senza venir
schiacciato da questi due colossi che gravano sulle nostre libertà? Basta
leggere la storia appena passata per rendersi conto che solo un governo di
destra può reggere la sfida: a patto però che non alzi troppo la testa, come la
fine di Mussolini e compagni insegnano.
La Chiesa (e gli Stati Uniti) ha governato l’Italia agendo attraverso
il suo partito, la Democrazia Cristiana, almeno fino alla fine degli anni ’80.
Poi l’incantesimo della “monarchia partitica” ha cominciato a scricchiolare; altri
hanno preteso l’aggiunta dei posti a tavola del banchetto che, per assicurare
prestigio e benessere a pochi a scapito dei conti statali, avrebbe fatto
correre il debito pubblico sopra ogni limite.
Nonostante la fine della “prima repubblica”, tracollo generato dal
malcostume degli stessi politici sostenuti dai predicatori casalinghi e dagli “alleati”
d’oltreoceano, non è terminato il monopolio sulla classe politica italiana. Il
Vaticano, schierando nuove leve denominate “moderati di centro”, ha saputo
piazzare i propri fiduciari nelle posizioni strategiche. I “centristi” sono
diventati l’ago della bilancia per un governo che non avrebbe mai potuto essere
né meramente di destra né di sinistra.
In effetti qui in Italia “centrodestra” e “centrosinistra” sono solo
sinonimi di due correnti storicamente meglio individuabili con i termini “clericofascista”
e “cattocomunista”. Che però non sono intercambiabili, come i fautori dei due
“poli” contrapposti vorrebbero far credere. Perché di queste due “metà” la più
stabile non può essere che la prima. È un mera illusione infatti che un vero
“comunista” possa convivere, politicamente parlando, con un vero “cattolico”. Fosse
solo per il fatto che il primo nega l’esistenza della divinità che invece il
secondo pone alla base della propria vita. Un bel pasticcio, un “matrimonio che
non s’ha da fare”!
La destra invece propende di sua natura all’adorazione dell’autorità,
atteggiamento basilare per l’esistenza di qualsiasi religione, anzi addirittura
vincolante per appartenere a quella cattolica. La destra è nobiltà, nel senso
sociale e storico del termine, cioè casta che impera al di là delle qualità delle
proprie azioni. Perché la nobiltà si trasmette per discendenza e non per meriti
acquisiti in vita. La nobiltà si arroga il diritto di comandare quanto la
Chiesa quello di essere l’unica maestra di salvezza. Questioni aprioristiche
che fanno converge le due entità in un connubio indissolubile verso il dominio
perpetuo. Matrimonio che, nella situazione nazionale attuale, è irrobustito
dall’alleanza con la potenza militare più forte del momento, gli Stati Uniti.
Se qualcuno di sinistra pensa di potere governare in questa Italia,
deve rimandare l’intento al momento in cui almeno uno dei due Stati stranieri
citati indebolirà la sua presa sugli eventi del nostro Paese. Diversamente sono
solo pie speranze che i fatti di questi giorni inesorabilmente conducono a
smontare. Non solo la caduta dal governo, avvenuta grazie ai soliti “nobili”
che in quanto tali pensano di poter addirittura governare in spregio a
qualsiasi regola democratica. Ma soprattutto vale la testimonianza delle
repentine genuflessioni della gran parte dei politici italiani di fronte ad un Papa
“laidamente” criticato per la sua eventuale presenza all’Università di Roma.